La sua indagine creativa ci conduce verso gli aperti spazi della mente, dove la realtà incontra il fascino del mistero, della seduzione descrittiva. Andrea Soraperra addomestica la materia grezza, la plasma a suo piacere per estrarne consapevoli protagonisti. Un legno modellato cattura la sua ritmica con forza ed eleganza, rivelando la sua natura straordinariamente ricca di suggerimenti della psiche. Ogni opera è un messaggio emozionale, un intreccio di vibranti emozioni che ci regala attraverso l’equilibrio delle sue figure stilizzate, nel suo insieme la critica concorda nel definire l’opera scultorea di Soraperra un espressione di eleganza, stimolata dalle forme indicative della fusione fra la memoria ed il reale.
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CENNI CRITICI DI PAOLO ORSATTI
Alcuni soggetti plastici di Soraperra Andrea nascono magicamente dalla materia amorfa di antiche tavole di legno o radici, riprendono vita e colore per accompagnarci dal mondo sensibile, verso le vie che conducono fuori dal mondo dei sensi per comprendere che la vita umana acquista valore e significato solo se si penetra con lo sguardo di un altro mondo. L’uomo grazie a questa penetrazione non si estranea come molti temono dalla vita reale, ma solo per mezzo di essa egli impara a stare sicuro e saldo in questa vita, perciò grazie a questa conoscenza si diventa più capaci nella vita, non meno capaci.
Andrea Soraperra in felice simbiosi fra natura e scultura utilizza essenze legnose quali: pino cembro, ulivo, larice castagno, noce, ciliegio, lavorati con una indiscutibile abilità da lui modellati, con scalpelli e sgorbie con spirito artigianale, ma pur capace di proporsi come ricerca e pensiero, per la sua ampiezza e per la capacità di penetrare non solo il legno ma anche in modo del tutto spirituale le cose della vita. Opere a tutto tondo ma anche bassorilievi in cui la materia si rianima con eleganti figure femminili ascetiche e mistiche esaltate da tenui interventi con cere colorate, spuntar come nuovi fiori di una pianta.
CENNI CRITICI DI MARCO CAGINO
Le opere di Soraperra si raccontano mostrandosi senza interpellare direttamente lo spettatore, che a tratti potrebbe invidiare la serenità espressa dai personaggi dai semplici gesti armoniosi ma evidenti, che uno dopo l’altro continuano a irrompere prepotentemente e silenziosamente nella realtà che ci circonda.
CENNI CRITICI DI ALESSANDRO FOSSI
Ho avuto modo di ammirare in occasione di una mostra personale le opere scultoree del maestro Andrea Soraperra, un grande professionista dello “scalpello” direi che esegue le sue figure con alta maestria ottenuta attraverso intaglio e levigatura dove le venature del legno sono componenti essenziali dell’opera. Questo artista trentino modella, scava e incide i tronchi ricavando opere di eccezionale raffinatezza e dinamismo che emozionano chiunque si trovi ad osservarle con attenzione. Il coinvolgimento che anche il più distratto degli osservatori ne trae è la conferma di una consolidata tradizione e professionalità di Andrea Soraperra.
CENNI CRITICI DI D. MARASÀ
La natura offre disparati materiali, e il talento artistico dello scultore Andrea Soraperra li unisce per dare vita a opere di straordinaria espressione. Infonde un lirismo, spia di un animo sensibile e attento alle sfaccettature della società moderna. Un testimone valido della nostra cultura occidentale che descrive con maestria varie situazioni e miti moderni, un’arte poliedrica che è dominata da capacità di osservazione e sintesi non comune, arte che incanta e affascina per la sua elegante narrativa.
CENNI CRITICI DI ROSANNA GHEDINA
Nella serata dedicata alle “Arti Sorelle” condotta dal poeta Italo Bonassi, dal critico Giuseppe Tedeschi e le giornaliste Giuliana Bonassi e Rosanna Ghedina è stato presentato lo scultore Soraperra con le sue opere dove emergono come protagoniste; la venatura del legno che diventa componente essenziale dell’opera e il dinamismo raffinato e fuso nella forma che donano a tutti intense emozioni.
CENNI CRITICI DI MARIO FELICETTI
Fra gli artisti più interessanti della Valle di Fassa, si inserisce senz’altro l’attività di uno scultore in legno specializzato in modo particolare nel rilievo figurativo, classico e moderno. Si tratta di “Andrea Soraperra” di Penia di Canazei con proprio Atelier a Canazei in Via Dolomites 109. Approdato fra gli artisti locali dopo il diploma conseguito presso l’Istituto d’Arte di Pozza di Fassa, (maestro insigne, il celebre scultore Toni Gross) dove alla sua bottega dopo la scuola si è completata la sua formazione artistica con particolare interesse per il bassorilievo, con una linea moderna ed una linea classica di particolare interesse per attorno al focolare domestico o nella vecchia “Stua”, nei giochi dei bambini o nel lavoro quotidiano della vita. Soraperra riesce peraltro bene anche nelle figure a tutto tondo, dove non disdegna anche soggetti più attuali passando dal classico al moderno dove si esprime altrettando bene, ma il meglio di sé stesso lo dà sempre nel tema della famiglia, dove esce con il suo talento e fa sentire le sue origini, le sue radici con forte attaccamento allo sua terra e alle sue tradizioni.
CENNI CRITICI DI FIORENZO DEGASPERI
Il legno ha un’anima, una vita propria. Lo si vuole figlio della sostanza universale, della meteria prima, coeva alla nascita del mondo. Per questo trattiene al suo interno l’eco di una storia millenaria. Si narra che, sotto la pellecorteccia, celi una saggezza infinita e una scienza sovrumana. La grandezza di uno scultore sta nel conoscere la sua storia, quella che sta oltre le apparenze della corteccia, e che scorre assieme alla linfa. Sta nel capire le venature, assecondarle, imprimere forza dove l’energia lignea è forte, lasciare andare la sgorbia là dove il legno si fa dolce e addomesticabile.
Per far tutto questo bisogna conoscere, saper ascoltare, saper rispettare il legno. Andrea Soraperra è maestro nell’affrontare l’oggetto del de- siderio. E non solo perché è nato a Penia, dove gli ultimi alberi incontrano le praterie delle terre alte, le rocce laviche e quelle dolomitiche, dialogando con il cielo e il vento. E nemmeno – o almeno non soltanto – perché è figlio d’arte di quel Toni Gross e della scuola artistica di
Pozza di Fassa che ha forgiato nel tempo artigiani che hanno saputo scavalcare i confini del proprio mestiere avventurandosi nel mondo dell’arte.
Andrea Soraperra è un artista che il legno lo ha nel sangue, e la linfa della pianta si confonde con il rosso liquido della vita umana. Quando scolpisce mette in atto una forma di rito dove il rapporto tra l’artista e la materia è fatto di asporto, di scavo, di volontà di andare dentro la propria opera.
Prima ancora di trasformare il legno in forma e volume, in vuoti e pieni, sceglie il legno giusto, solitamente il tiglio o il cirmolo, per adattarlo ai suoi pensieri, alle sue fantasie che poi materializza. Il cirmolo è legno d’alta quota, forte, robusto, odoroso, tenace e saporoso. Il tiglio è altresì profumato, considerato simbolo di amicizia e di fedeltà.
Da questi trae soprattutto figure umane, stando attento a farle scaturire dalla materia stessa, assecondando i nodi e le torsioni. Figure che sembrano danzare, cercando di liberarsi nell’aria, di raggiungere la grazia. Anche quando donne, uomini e bambini sono inseriti in un paesaggio, queste sculture si offrono sempre come finestre sul mondo di fuori e a contempo su quello di dentro, dove il cuore e l’anima pulsano per un mondo armonico. Come armoniche sono queste opere. Anche quando inserisce il colore, il fine è sempre quello di trovare l’equilibrio del tutto.
In questi ultimi anni, ricercando la purezza e la luce, Andrea Soraperra si è avventurato nel magico mondo di uno dei figli del fuoco: il vetro. Recandosi a Murano, l’isola dove si specchia il mondo intero, nel ha carpito segreti e collaborazioni. Ha cercato, riuscendoci, di inserire ciò che per natura è invisibile, il vetro, in ciò che è evidente, il legno. Utilizzando materiali vari – colore, stoffa, ecc. – crea opere che sono un insieme di sculture, quadri, campi e spazi d’intervento, dove non è esente un tocco di concettualità che porta questi lavori di Andrea Soraperra, sebbene con salde radici nella cultura ladina, fuori dalla tradizione scultorea fassana per offrirsi come colloquio con il mondo. Ovvero pensieri diventati materia e da questa nati per essere posti all’attenzione del pubblico.
CENNI CRITICI DI LORETTA ELLER
L’arte di Andrea Soraperra ci riporta ad ancestrali memorie. Scolpire il legno ha una storia millenaria che, per usare le parole del professor Michail Žilin, ricercatore capo dell’Istituto di Archeologia di Mosca: “ci fa rivivere in totale armonia col mondo, con la natura e con la
spiritualità dell’uomo”.
Alcune sculture lignee di Soraperra, soprattutto quelle a tutto tondo, rievocano il fascino delle antiche sculture e appaiono emergere dal passato, come se dovessero trasmettere i valori dell’arte antica alle generazioni moderne, per giungere a rappresentare un ponte con gli artisti di epoche lontane.
La scultura su legno era già praticata in epoca preistorica. Il più antico reperto ad oggi ritrovato è il cosiddetto “Idolo di Šigir”. Fu rinvenuto nei pressi di Kirovgrad in Russia, sui monti Urali, nel 1890 ed è stato datato a 11.000 anni fa, all’inizio dell’Olocene. La scultura, dalle fattezze umane, fu trovata divisa in numerosi frammenti. Una volta ricomposta si è scoperto che era intagliata con simboli mesolitici e disegni geometrici, ad oggi non ancora decifrati. All’origine era alta oltre 5 metri, ma molti frammenti scomparvero misteriosamente durante la Rivoluzione d’Ottobre nel 1917. I frammenti rimasti, dell’altezza di 2,8 metri, si possono ammirare al Museo di Storia Regionale di Ekaterinburg in Russia.
Questa rievocazione dell’Idolo di Šigir non è casuale, ma vuole proprio essere un momento di connessione tra passato e presente. Soraperra lavora il legno con antichi strumenti, con antica sapienza, rispettando l’armonia tra uomo e natura. Nell’esecuzione delle sculture lignee è determinante la conoscenza del materiale, per evitare i difetti legati al singolo tronco e alla sua crescita, come quelli legati alla scelta del taglio e alla stagionatura. Il legno è un materiale “vivo” e Andrea Soraperra, prima di tramutarlo in scultura, ne controlla e ne valuta attentamente lo stato, in quanto il legno è soggetto a modificarsi, per dimensioni e forma, al variare della temperatura e dell’umidità. L’artista, per realizzare le sue opere, privilegia la scelta di alcune essenze piuttosto che altre, anche in base alla natura dei boschi disponibili nel suo territorio. Il tiglio e il cirmolo, alberi di alta quota, robusti, compatti e plasmabili, sono le sue “materie” preferite. Assecondando le venature del legno riesce a elaborare complesse forme umane, armonicamente modellate con scalpelli e sgorbie, come un antico artigiano. E allora ci tornano in mente le parole di John Ruskin che non accetta la distinzione fra arte ed artigianato: “la cultura materiale è espressione della potenza spirituale dell’uomo. È arte qualsiasi produzione materiale concepita dalla creatività umana”.
E Soraperra rispecchia ampiamente il concetto delle “Arts and Crafts” laddove le sue creazioni esprimono immancabilmente il riflesso della mente che le hanno prodotte, trasmettendo sensazioni e sentimenti che convergono in una perfetta sintonia tra uomo e natura.
Un discorso a parte meritano i bassorilievi, produzione copiosa, che Soraperra plasma con uguale maestria delle sculture a tutto tondo. Soprattutto nei bassorilievi vengono usate cere colorate con cromie tenui e soffuse. Sono scene che spaziano dalla vita quotidiana alle composizioni allegoriche. Quadri nei quadri, figure di uomini, donne, bambini che emergono dalla materia viva del legno armoniosamente, confusi con alberi, animali, mare, monti, quasi irrompessero da antiche favole.
Uno spirito poliedrico, quello di Soraperra, dominato dall’abilità di sintesi e osservazione della natura, con espressioni di grande sensibilità e capacità simbolica.
CENNI CRITICI DI STEFANO LIBERATI
Nell’Arte, in genere, ci sono delle re- gole non scritte e non scrivibili che vanno oltre i confini del razionale per entrare in quello del metafisico: è impressionante costatare quanto la Natura influisca sul produttore di Arte, sull’Artista.
Sembrerebbe quasi che la Natura influisca sul fisico, addirittura sul DNA dell’essere vivente sia uomo sia animale. Quasi quanto la luna agisce sulle maree, e forse anche sui terremoti.
Non voglio qui fare un discorso di paleontologia, né di come si sono evoluti gli esseri viventi e la natura stessa.. ma è un fatto che, a parte esempi come quello della giraffa alla quale nei secoli le si è allungato il collo per meglio raggiungere le foglie degli alti alberi di cui si nutre, è interessante notare come, per quanto riguarda la Scultura (ma anche l’Archi- tettura), un artista che vive nella zona di Carrara, non sia proprio a suo agio a scolpire il legno, né, d’altra parte, a uno scultore, nato e cresciuto a Canazei, come il nostro Andrea Soraperra, verrebbe in mente di scolpire il marmo.
Sembrerebbe quasi un richiamo imperioso della Natura che ordina, comanda ed emana “radiazioni” a tutti gli esseri viventi vicino alla loro sfera d’influenza, a far parte della natura stessa… Il Maestro Andrea Soraperra è un chiarissimo esempio di questo strana circostanza totalmente spirituale, del subconscio antropologico.
Egli, infatti, non solo scolpisce in modo mirabile su legni locali ma addirittura con quel legno rappresenta scene, eventi, momenti del vivere quotidiano della sua gente nel loro territorio. E lo fa utilizzando anche l’Architettura. Infatti, in molte sculture, l’elemento di separazione tra la realtà che ci circonda e l’immagine scolpita non è solo onirico, ma anche materiale: la cornice.
La cornice, sembra essere una porta o una finestra aperta e invitante e lo scultore ci conduce per mano all’interno di questo campo, stanza, o ambiente familiare, dove chi guarda l’Opera, rivive, come spettatore in un teatro, una commedia eterna. Addirittura, talvolta, è la cornice stessa coprotagonista del quadro in bassorilievo prospettico, come per esempio nell’Opera “Romantica”, o nella “Rosso e blu” o “Papaveri “ e in molte altre in cui figure femminili nude o vestite, usano la cornice non solo come supporto fisico delimitante l’immagine, ma spesso è usata come un’esaltazione del sentimento espresso nell’Opera, che sia tristezza o felicità, oppure sogno o realtà.
Nell’opera “Romantica”, l’esegeta trova, nella composizione, una ragazza nuda che è in meditazione ispirata, totalmente in abbandono onirico dove la cornice diviene parte integrante del merito, quasi una scala e nello sfondo tridimensionale, una serie di cerchi cromatici che hanno in alto una mezza luna, elemento classico del romanticismo letterario. Un sogno tridimensionale, prospettico, architettonico, immobile e vivace nella stesso tempo in cui la finzione si amalgama con la realtà.
Qui il legno si fonde assumendo sapore di carne, di corpo della giovane, sodo, elegantissimo, anatomi- camente perfetto con la lunga chioma che sembra perennemente in movimento, scapigliata, o forse pettinata da leggere folate di vento. L’elemento cromatico dà vita alla staticità della scena: delle sagome tonde rosse e bianche su fondo nero fanno ri- saltare il modellato perfetto del suo corpo nudo, che riposa, la testa reclinata su una spalla, vagheggiando momenti di felicità…
Dunque la cornice è elemento architettonico essenziale per una lettura delle opere in chiave antroposofica, in cui si avverte la necessità dello spirito dell’uomo a unirsi, ad avvicinarsi a quello dell’universo.
Prende origine dall’esigenza del cuore e ovviamente dello spirito, a soddisfare un bisogno interiore come fossero reali, fisici.
L’Artista Andrea Soraperra, nella sua grande sensibilità, sente egli stesso questa necessità e tutto ciò che crea ha questo afflato vitale.
Ma uno scultore di grande valore come Andrea Soraperra è in costante evoluzione nel fare Arte ed essa, come i fiori che man mano sbocciano, uno dopo l’altro sullo stesso ramo, si scinde in tipologie. Nella scultura di Soraperra, si notano tre tipi di concezioni iconografiche: la sinottica, quella epistemologica e in fine quella della semiotica talvolta eso- terica, ovviamente applicata alla scultura. Facendo una breve e concisa analisi, e non dal punto cronologico, intendo per iconografia sinottica, come per esempio nell’Opera “Together”, il soggetto principale che trae ispirazione dal- l’Amore….dall’amore completo unificante, vivificante, appagante. Una totale fusione dei corpi e delle anime, dei cuori e degli spiriti. Utopia? Le due figure antropomorfe sorgono da un’unica base e come i rami di una pianta, si sviluppano in altezza, dividendosi e distinguendosi alla sommità delle spalle. Una delicatissima e commovente immagine, in cui i volti sono, appunto, sinotticamente elaborati, senza volontà di fini psicosomatici, ma che emanano vibrazioni meravigliose di Amore, lemma che non ha sinonimi, se non riduttivi. E’ metaforicamente perfetta.
Invece per l’epistemologia, interpretando il lemma, questa volta empiricamente ma significativamente, applicato alla scultura, si possono considerare opere come “ Giocoliere” o “Notturno Veneziano”, che hanno lo scopo preciso indicare la sostanza, l’effettivo significato del soggetto mostrato, senza altri chiarimenti o tentazioni didascaliche, tanta è la loro evidenza, vieppiù illuminati dal titolo delle due Opere, come anche nel meraviglioso “Omaggio a Millet; “Scomposizione”.
Nel realistico “Rua el temporèl”, le tendine della finestra aperta si scompigliano e sventolano come bandiere ai primi soffi del temporale.
E noi siamo lì, esseri alieni che veniamo da un’altra dimensione, che guardiamo e sentiamo e ci immedesimiamo con i due personaggi che sono quasi familiari, ed entriamo, non invitati né veduti, attraverso la finestra, in quella stanzetta in cui un uomo seduto, sta interloquendo con una ragazza in piedi, con un maglione a girocollo, le braccia incrociate con il gesto di chi sente il brivido della folata fredda perché…. “Rua el temporèl…. Fra poco lei chiuderà la finestra e noi usciremo in silenzio.
In questi casi la semiotica rimane fuori dal concettuale. Essa non penetra oltre la visualità.
Perché in questi casi è pace, serenità, umanità nella migliore delle astrazioni. E non richiama studi introspettivi particolari.
Ecco una delle grandi qualità di Andrea Soraperra. Esprimere se stesso: Cicerone diceva; -Animi est enim omnis actio et imago animi vultus, indices oculi- cioè ogni nostra azione (o pensiero) parte dall’animo, e il volto è l’immagine dell’animo, come gli occhi ne sono l’indice. Voglio dire, conoscendo per fama l’Artista Andrea Soraperra, egli espone se stesso nelle sue Opere che sono riflesso della sua intima serenità e antica saggezza.
Già nel primo decennio del Novecento, assistiamo alla nascita di una nuova concezione della scultura che aveva trovato un altro spirito di quello passato dove la scultura e, in genere, l’Arte doveva essere tutta esteriorità romantica, che produceva il cosiddetto feeling, una corrispondenza dei sensi del lettore. Sono Opere complete, aperte e ariose, in cui i soggetti non hanno altre interpretazioni. Semplici, lineari, direi classici. La composizione è talmente eloquente…che la difficoltà tecnica esistente nella loro creazione è ignorata, come per scontata. L’Arte che sopravviene la tecnica, lo spirito sulla materia.
A proposito di semplicità, mi piace quotare un aforisma di Benedetto Croce “La semplicità e la chiarezza sono punti di arrivo e non di partenza”. Cioè ciò che resta quando si è tolto tutto il superfluo.
L’ultima forma tipologica delle Opere dell’Artista Andrea Soraperra è quella che riguarda la semiotica della scultura, cioè quello studio approfondito che ricerca i reconditi significati dell’Opera e li riporta alla luce, talvolta in forma esoterica, associata alla metodologia dell’interpretazione, cioè all’ermeneutica dell’Opera stessa. E Andrea Soraperra, con la sua eccezionale sensibilità intellettuale ha creato lavori che richiederebbero interi volumi di esegesi, sia per la loro bellezza estetica che per i loro significati e le metafore.
Veri capolavori di un vero grande Artista quale egli è.
Solo per citarne uno, il primo che viene nella mia mente ha come titolo: “Prigioniero della Natura”. In esso, ancora una volta, la cornice, vero elemento architettonico di una composizione molto complessa e viva, inquadra in uno spazio esaromboidale, una figura di un uomo nudo, accosciato in maniera drammaticamente efficace, che viene coperto, assorbito, quasi fagocitato da un albero che ha le radici sulla cornice e si espande per tutto il suo corpo per poi continuare nella parte superiore della cornice stessa. Egli cerca di difendersi, di racchiudersi in se stesso, coprendosi con un braccio la testa e la spalla. La spazialità relativa in cui egli si trova, ci conferma la sofferenza di questo essere umano. Bellissimo il corpo, bellissima la mano, bellissimo il piede.
Mi ricorda, per l’estremo effetto metaforico, i “Prigioni di Michelangelo dell’Accademia di Firenze” che avrebbero dovuto fare parte del monumento fu- nebre di Giulio II della Rovere, in cui il Mosè sarebbe stato posto, dopo tanti ripensamenti e rielaborazioni e tante sofferenze, al suo centro.
L’uomo che lotta contro la propria umanità cioè contro il proprio stato di umano che è un limite al libero pensiero, alla libertà di agire e fare, combattendo contro il proprio stato di essere vivente, liberandosi dal fango del peccato connaturato nell’uomo, secondo appunto la concezione neoplatonica della filosofia del tempo, che lo trattiene forse senza speranza. Esso è dunque rispondente al pensiero filosofico dei neoplatonici rinascimentali, esaltanti l’affrancamento dello spirito dalle convenzioni e dalle coercizioni di un tipo “disciplina” fino ad allora imposta..
La modulazione anatomica è trattata in maniera stu- pefacente, la resa finale è esiziale. Dopo aver osservato questo capolavoro, si rimane, per diverso tempo, con un’eco visiva di esso, che resta, come un elemento fotografico dell’immagine labile e latente ma presente nel momento dell’utilizzo.
Per qualche inconscia ragione la figura accovacciata, la cornice, la simbologia e soprattutto la strut- tura architettonica dell’Opera mi fanno risuonare, nel profondo del mio spirito, l’immensa figura di Leon Battista Alberti architetto, con le sue linee romane, armoniose geometricamente ed emotivamente, silenziose nella loro solennità classica.
Una sorta di spazialità cubista della prima ora.
Ma tornando ad Andrea Soraperra, le analisi visive delle sue sculture ci indicano tutta la dimensione di questo riservato, semplice genio della scultura moderna, la cui grandezza ha diritto di un maggiore spazio e conoscenza, ed egli deve essere considerato tra i più sensibili, spirituali Maestri della storia dell’Arte mondiale, destinato a lasciare memoria indelebile e indimenticabile ai posteri.